SERVONO INVESTIMENTI CHE RIDIANO DIGNITÀ AL LAVORO GARANTENDO SALARI E DIRITTI AGLI ADDETTI
PER RESTITUIRE UN SERVIZIO DIGNITOSO E SICURO
VERSO LO SCIOPERO NAZIONALE DEGLI AUTOFERROTRANVIERI DEL
6 MAGGIO 2024
Il sistema dei trasporti e dei servizi pubblici è da tempo oggetto di una ristrutturazione che la crisi economica sta accelerando, con conseguenze devastanti, sia per i lavoratori del settore, sia per le fasce popolari dell’utenza e per la società nel suo complesso.
Il capitale privato vuole il controllo di tale ‘Bene Comune’, rimasto prevalentemente e per anni in mano pubblica. Le privatizzazioni, le liberalizzazioni e le esternalizzazioni sono la strada per realizzare tale saccheggio.
Le logiche del profitto la fanno da “padrone”
Come teni, bus, navi, aeroporti sono oggetto di operazioni più finanziarie che industriali, sempre meno orientate al servizio e sempre più funzionali al business, in nome del ‘libero mercato’ si vuole intervenire anche sul TPL per concentrarne il controllo nelle mani di società a capitale misto pubblico-privato, in cui la l’investitore pubblico versa fondi statali per favorire gli interessi dei soci privati, assicurandone i e, di fatto, il controllo del Trasporto pubblico locale.
Tutto ciò si palesa anche nella campagna di acquisizioni di aziende di TPL, ad esempio, in Toscana, Umbria, Veneto, Campania.
Le logiche del profitto alla base dei processi di privatizzazione impongono che gli autobus siano utilizzati al massimo della loro capienza, mentre le linee e gli orari meno frequentati siano soppressi.
In realtà, però, i servizi meno ‘profittevoli’, spesso sono proprio quelli indispensabili per le fasce di popolazione più deboli, a cui il Trasporto Pubblico Locale garantisce il diritto alla mobilità, senza che esista una alternativa.
I processi di privatizzazione hanno anche impedito il rinnovo del parco macchine circolante, imponendo lo sfruttamento, fino al completo esaurimento, di quello esistente.
Non esistono alternative alla gestione pubblica del TPL
Per questo dal punto di vista strutturale appare necessaria una gestione pubblica del TPL, che lo si potrà garantire solo attraverso l’affidamento diretto, previsto dal diritto europeo (regolamento CE n.1370/2007), a società pubbliche di diritto pubblico: questo è l’unica strada che possa assicurare il raggiungimento degli obbiettivi di rafforzamento del servizio, garantendo anche le linee e egli orari “deboli”, come anche il rinnovo e l’ampliamento del parco mezzi, nonché il rafforzamento della intermodalità ferro-gomma e la generale sicurezza di addetti e collettività.
In tale prospettiva, diventano di primaria importanza l’individuazione di nuovi meccanismi di controllo della gestione del Trasporto Pubblico Locale da parte dei soggetti che più hanno interesse al suo funzionamento, per garantire le necessarie tutele sociali, ambientali, sanitarie ed economiche, come anche la difesa degli interessi dei lavoratori del settore e degli utenti delle fasce sociali popolari, le quali più di tutte hanno la necessità di servizi efficienti di TPL.
Nel sistema dei trasporti quando si parla di bilancio economico e si calcola la profittabilità degli investimenti, va considerato non solo l’utile ma soprattutto quanto gli investimenti per un sistema dei Trasporti Pubblico Locale efficiente, consentano benefici concreti per l’intera società da qualunque punto di vista e non ultimo, della tutela della salute collettiva.
Serve il contributo di tutti. Ognuno secondo le proprie possibilità.
E’ altresì imprescindibile che il finanziamento del settore e la ripartizione dei costi per il sostentamento di un sistema di Trasporto Pubblico Locale realmente efficiente, debba beneficiare del contributo della collettività, prevedendo che ognuno investa in rapporto alle proprie possibilità. Ovviamente la fiscalità generale è lo strumento più adeguato a garantire la sostenibilità di un TPL efficiente.
Quanto espresso finora deve essere parte integrante della piattaforma per il rinnovo del CCNL degli autoferrotranvieri, scaduto dal 31.12.2023.
Dunque, una piattaforma che rivendichi diritti e salari per i lavoratori del settore ma anche un servizio pubblico efficiente, a disposizione della collettività: un insieme di richieste da sostenere con un’opportuna azione sindacale ma anche da una iniziativa politica adeguata, a livello nazionale, fondata sul protagonismo collettivo e la mobilitazione dei lavoratori e delle comunità locali.
Tali sono le premesse per un Trasporto Pubblico Locale adeguato alle esigenze dei lavoratori e della società nel suo complesso.
Lo sviluppo ed il potenziamento del TPL a tutela dell’intera società
E’ impellente porre il tema di un intervento di rilancio di sviluppo del TPL, soprattutto se consideriamo il fatto che l’Italia è il Paese il rapporto tra automobili in circolazione ed abitanti è tra i più alti d’Europa: 633 automobili ogni 1000 abitanti. Napoli è il comune con la più alta densità veicolare in Italia.
L’Istat certifica che nel periodo preCovid, ovvero nel 2019, sono state 13 milioni circa le persone in Italia che hanno utilizzato almeno una volta il Trasporto pubblico Locale (TPL). Circa 3 milioni usanoquotidianamente il TPL mentre il 74,2 % della popolazione utilizza mezzi propri, vista la scarsità dei collegamenti offerti dal TPL. Solo il 28,5 % degli studenti utilizza il TPL in Italia.
Dei suddetti 3 milioni di fruitori del TPL in Italia, la maggioranza è concentrata nel Nord del Paese mentre nel Sud si registrano percentuali di utilizzo del Trasporto Pubblico Locale assai più basse, anche a causa della inadeguatezza del servizio offerto.
Lo Stato finanzia il Fondo per gli oneri del TPL secondo le previsioni dell’art.1 comma 301 della Legge 228/2012 e del Decreto Legge n. 50 del 2017, stanziando un fondo pari a 4.789,5 milioni di euro per l’anno 2017 e 4.875,5 milioni di euro per il 2020 (ridotto rispetto al 2019 che era stato di 4.876,5).
I dati percentuali di ripartizione della spesa per regione risalgono al 2014 e sono, per sommi capi, i seguenti:
– Abruzzo 2,69
– Campania 11,07
– Emilia Romagna 7,38
– Lombardia 17,36
– Veneto 8,27
La gestione diretta è la versa soluzione
La situazione in cui versa il TPL nel Paese, dunque, è tutt’altro che rassicurante ed anche il suo sviluppo non sembra essere garantito, visto che si pratica, a prescindere dai costi e dai risultati, l’affidamento mediante gara, considerando la “soluzione” privata come fosse la più adeguata a preservare la qualità del servizio.
In realtà, la normativa europea in materia di affidamento del TPL, prevederebbe, a decorrere dal 3 dicembre 2019, 3 possibili modalità di affidamento del servizio: oltre alla procedura di affidamento mediante gara (modalità che deve essere ammessa dagli ordinamenti degli Stati membri); anche la gestione diretta (cioè la fornitura del servizio da parte delle stesse autorità locali competenti) e l’aggiudicazione mediante affidamento diretto ad un soggetto terzo.
E’ facile prevedere, quindi, che, a fronte dei quasi 5 miliardi di Euro di finanziamenti pubblici previsti per il TPL, siano molti gli appetiti che si sono scatenati e diversi sono i soggetti che vorrebbero suddividersi tale “torta”, a cui vanno aggiunti i circa 24 miliardi previsti dal PNRR per ammodernare il servizio, rinnovare e manutenere il parco macchine esistente (…un lauto extra che, finora, non era previsto dalla normativa europea!).
Rilanciare il TPL migliorando salari e diritti dei lavoratori
Vi è comunque una importante questione che incombe sullo stato di salute del Trasporto Pubblico Locale e sul suo futuro: la carenza di autisti e la difficoltà incontrata dalle aziende del settore, soprattutto dopo il Covid, ad assumere il personale da avviare in servizio alla guida degli automezzi nel TPL.
Secondo i dati IRU, mancano complessivamente 105.000 autisti. Si consideri che in Italia coloro che guidano i mezzi pubblici sono circa 65.000 lavoratori e che la carenza media nelle varie città si aggira intorno alle 100 unità ed oltre.
Questa difficoltà a reperire personale disposto a mettersi alla guida dei mezzi in dotazione alle società di TPL è legata alle pessime condizioni di lavoro a cui sono costretti a prestare servizio gli addetti e ai salari da fame erogati a lavoratori che in altri Paese sono retribuiti anche 3 o 4 volte di più. Si ricorda, ad esempio, che i turni sono sempre più pesanti, gli stipendi bassi e sono enormi le responsabilità di chi siede alla guida di automezzi che superano i 10 metri di lunghezza e si muovono nel traffico congestionato delle grandi città.
Per non parlare dell’assenza di prospettive di carriera per gli addetti del TPL, la cui prestazione è regolata da contratti complessi ed obsoleti, a cui si fa riferimento, in ordine al disciplinare, addirittura ai Regi Decreti.
D’altra parte, negli ultimi anni è diminuito il potere contrattuale degli autoferrotranvieri, anche a fronte dell’inaudito ridimensionamento della libertà nell’esercizio del diritto di sciopero vincolato da una normativa stringente e tra le più severe d’Europa.
Va fermato l’attacco al diritto di sciopero
Emblematico a tale proposito, l’intervento di Salvini in occasione di 2 iniziative di mobilitazione proclamate dai sindacati di base del comparto alla fine del 2023: anche il TAR del Lazioha
giudicato illegittimi i divieti di scioperare per 24 ore imposti dal Ministro dei Trasporti, ad una delle categorie meno retribuite di tutto il comparto
Non è, infatti, un caso il martellamento sul Governo delle Associazioni datoriali che invocano la ulteriore restrizione delle libertà di sciopero: la grande torta dei finanziamenti pubblici non vogliono spartirla, prevedendo una ridistribuzione della ricchezza con i lavoratori.
E’ in questo contesto che va collocato il feroce attacco al sindacalismo di base da parte delle Associazioni Datoriali del TPL che le vorrebbero immobilizzare ed imbavagliare, vincolando la loro iniziativa di indizione degli scioperi all’esito dei referendum in categoria e imponendo la dichiarazione preventiva di adesione alla mobilitazione da parte dei lavoratori.
E’ ormai palese il tentativo di Governo e controparti datoriali di rappresentare il sindacalismo di base come un nemico delle libertà di circolazione dei cittadini: è l’affondo propedeutico al lancio di una vera e propria aggressione allo stato sociale, scarnificando la legislazione di riferimento, come quella del lavoro in Italia, a partire dallo Statuto dei Lavoratori e da un ulteriore inasprimento della normativa sull’esercizio del diritto di sciopero, quale strumento principale di difesa dei lavoratori e dei diritti sociali stessi.
Tra gli obiettivi di tale attacco ispirato dalle forze “padronali” è di estendere e rilanciare il processo complessivo di privatizzazione dei servizi pubblici, in modo da garantire nuovi margini di guadagno ad imprese e finanza, a cui non interessa affatto la qualità e della quantità dei servizi offerti ai cittadini. L’interesse che ispira tali manovre è quello esclusivo di ricavare i profitti più alti possibili, riducendo il costo del lavoro, anche a scapito della qualità, la sicurezza e fruibilità dei servizi stessi.
E’ necessario ricordare che lo sciopero è un diritto individuale che si esercita collettivamente, ossia un diritto che può essere esercitato per tutelare interessi collettivi.
La titolarità del diritto di sciopero non spetta quindi ai sindacati, maggioritari o meno che siano, bensì ai lavoratori.
E’ in atto un aggiramento di tale principio costituzionale, trasferendo la titolarità dell’esercizio del diritto di sciopero dal singolo lavoratore al sindacato: sarebbe come trasferire il diritto di voto dal cittadino al partito.
In un sistema nel quale il ruolo del cittadino/elettore è sempre più emarginato, al pari di quello del cittadino/lavoratore che poca voce ha in capitolo nei rapporti economici tra aziende e sindacati, la indebita trasformazione costituzionale del diritto di sciopero produrrebbe, come in parte già avviene, un estremo squilibrio nei rapporti sociali di questo Paese.
Riportare la democrazia e la libertà nei luoghi di lavoro
Tra l’altro si tratta di proposte che assegnano un ruolo preminente al sindacato e che, in assenza di una legge sulla rappresentanza sindacale e sulla democrazia sui posti di lavoro,prefigura un mondo del lavoro oltremodo privato della libertà dove tutto viene regolato dagli interessi di organizzazione piuttosto che dei lavoratori.
E’ necessario che si rifletta molto bene su quanto sta accadendo: privare la collettività del diritto di sciopero, da sempre considerato il “diritto dei diritti”, significa privare i lavoratori di uno strumento che ha riflessi significativi su aspetti sociali, politici, economici, giuridici e culturali della società: ridurre i lavoratori ed i cittadini all’impotenza è un atto gravissimo e pericoloso per il futuro di questo Paese.
Dunque, se si vuole affrontare seriamente la questione del rilancio del Trasporto Pubblico Locale, oltre a porre la questione dell’aumento degli investimenti pubblici per il TPL, si deve compiere uno sforzo per ridare dignità ai lavoratori del settore, sia dal punto di vista economico che delle condizioni di lavoro, nonché garantire la necessaria sicurezza per gli addetti del comparto come anche per l’utenza. Sono questi i temi che si desidera affrontare nella Assemblea Pubblica del 30.4.2024, organizzata in preparazione dello Sciopero Nazionale degli autoferrotranvieri in programma per il 6.5.2024.
MARTEDÌ 30 APRILE 2024 – ore 18
ASSEMBLEA PUBBLICA SU ZOOM DEGLI AUTOFERROTRANVIERI
https://us06web.zoom.us/j/89307179049?pwd=Gpr73yQDLkxCQT6au8x3gxcr2ns9mt.1
Partecipano:
Sen. Mario Turco (Vicepresidente del M5S)
Sen. Tino Magni (Alleanza Verdi e Sinistra – Presidente Commissione inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro)