il Tribunale di Bologna rigetta la querela della ex giunta PD del Comune di Casalecchio di Reno:
la diffusione del manifesto “fascista è chi fascista fa” non costituisce reato
Il 20 maggio 2019 una delegata del Sindacato Generale di Base del Comune di
Casalecchio di Reno, manifestava insieme a migliaia di antifascisti in piazza Maggiore a
Bologna per contestare la provocatoria presenza elettorale dell’organizzazione Forza
Nuova.
In molti l’hanno vista nei video pubblicati da diversi media, porsi ai poliziotti chiamati a
difendere il comizio neofascista chiedendo ‘Da che parte state?’.
In seguito a quei video, e su richiesta di esponenti del centro destra che ne auspicavano
l’allontanamento dal servizio, il Comune di Casalecchio di Reno apriva a carico della
stessa un procedimento disciplinare, imputandole di ‘nuocere all’immagine
dell’amministrazione’ comunale’.
Si diffuse allora un’ampia mobilitazione a sostegno della lavoratrice a cui aderirono l’ANPI
di Casalecchio, organizzazioni sindacali, numerose RSU, collettivi, associazioni, giuristi e
tanti singoli cittadini, che scesero in campo con prese di posizione pubbliche, assemblee,
presidi, e una petizione a che raccolse 1.300 firme.
Nel contesto di quel movimento solidale l’Associazione Bianca Guidetti Serra diffuse un
manifesto dal titolo “Fascista è chi fascista fa”, che inseriva la vicenda vissuta dalla
delegata SGB (e da altri lavoratori a Torino) nell’ambito della classica pratica della
rappresaglia politico-sindacale, ricevendo come risposta dal Comune di Casalecchio di
Reno (monocolore PD) una denuncia per diffamazione.
Ieri mattina, giovedì 12 dicembre 2024, a distanza di ben 5 anni, il Tribunale di Bologna ha
sancito che la diffusione di quel manifesto non costituisce reato !
Ma l’aspetto più positivo, oltre alla tutela del diritto alla critica politica, è stato l’incentrarsi di
gran parte del dibattimento sull’inconsistenza delle ragioni del procedimento disciplinare
contro la delegata SGB sulla tutela del diritto dei lavoratori a manifestare e ad esprimere il
proprio pensiero politico senza dover ricevere ripercussioni sul posto di lavoro.
Ci auguriamo che questa sentenza serva di monito a tutti quei datori di lavoro, pubblici o
privati, che perseguono il tentativo di spiare i lavoratori in ogni momento della loro vita al
fine di una valutazione “morale e politica” del loro comportamento.
Associazione Bianca Guidetti Serra
Sindacato Generale di Base