QUESTO NON E’ UN PAESE PER VECCHI…E NEANCHE PER GIOVANI!
Dopo lo sciopero del 20 ottobre si è svelato l’intrigo della manovra finanziaria per il 2024.
Nonostante alcune avvisaglie regressive da parte del governo Meloni, che avevano indotto SGB ed altre organizzazioni sindacali di base a proclamare lo sciopero sin dal mese di luglio, il risultato approdato in Parlamento appare perfino peggiore rispetto a quello che ci si poteva attendere.
I gridi d’allarme tardivi, sulla manovra e sulla riforma costituzionale in salsa presidenzialista, oggi provengono da quegli stessi soggetti che tacciono, invece, quando viene loro assicurato il monopolio della rappresentanza sindacale o di mettere le mani sui fondi pensione.
La questione che sta creando non poche inquietudini ha a che fare con le pensioni (manco a dirlo). In sostanza per alcune categorie di lavoratori – iscritti alla Cassa per le pensioni ai dipendenti degli enti locali (CPDEL), alla Cassa per le pensioni ai sanitari (CPS) e alla Cassa per le pensioni agli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate (CPI) – che abbiano iniziato a lavorare tra il 1981 e il 1995 (entrata in vigore della riforma pensionistica di Dini) si abbatteranno significativamente i rendimenti pensionistici (art. 33 del DDL), peggiorando così perfino la riforma Fornero (rispetto alla quale la Lega Nord guidata da Salvini propose un referendum abrogativo bocciato dalla Corte Costituzionale), e sempre con l’obiettivo di fare cassa sulle nostre tasche.
E pensare che la riforma Fornero doveva servire proprio a contenere il presunto innalzamento della spesa pensionistica! Ma evidentemente al peggio non c’è mai fine.
A ciò si aggiunga che le condizioni per raggiungere la pensione, per chi si affaccia oggi al mondo del lavoro o avesse comunque iniziato a lavorare dopo il 1995, divengono anch’esse peggiorative rispetto a prima sempre con la proposta manovra finanziaria (art. 26). In sostanza i lavoratori più giovani vengono significativamente penalizzati qualora non arrivino all’attuale età pensionabile (67 anni).
Si è poi aperta la partita (fasulla) dei rinnovi contrattuali del Pubblico Impiego che sta trasformando sempre più il rinnovo contrattuale come una concessione governativa e non come una conquista della classe lavoratrice (un ritorno ai vecchi DPR?)
Concretamente la manovra all’art. 10 prevede un importante finanziamento (3 miliardi di Euro nel 2024 e 5 miliardi di Euro nel 2025) che si aggiunge a quanto già stanziato con la precedente finanziaria (310 milioni di Euro per il 2022 e 500 milioni di Euro a partire dal 2023), per le sole amministrazioni centrali, mentre le amministrazioni locali dovranno provvedere con i propri bilanci.
Questa logica dell’anticipo sui futuri contratti ha lo scopo celato di far dimenticare definitivamente la valenza contrattuale e di fornire l’immagine di un Governo che nonostante l’inflazione pensa ai pubblici dipendenti: ma sul piano economico le cose non tornano.
Non solo ci troviamo in un vortice inflazionistico (8,3% nel 2022 e 5,6% prevedibile nel 2023) che ha completamente eroso i nostri salari e le nostre pensioni, ma il pannicello caldo di questo anticipo risulta addirittura inferiore a quanto previsto dagli ultimi contratti (quando l’inflazione era certamente più bassa). Infatti, l’incremento previsto raggiungerà al massimo il 3,35% di aumento contro il 3,78% dei CCNL del 2022.
Di fronte a questo stato di cose la classe lavoratrice deve dimostrare un deciso cambio di passo.
SGB si propone come organizzazione sindacale di classe che intende intervenire in questi contesti producendo conflittualità vera sia contro le iniziative di questo Governo che contro i partiti ed i sindacati di finta opposizione.
Scegliere SGB significa scegliere di stare da una parte ben precisa, dalla parte del torto (B. Brecht) e offrire la prospettiva di un sindacato vero.