L’Operatore Socio Sanitario rappresenta una figura oramai indispensabile al Servizio Sanitario Nazionale; siamo lavoratori, più di frequente lavoratrici, formatisi in massima parte in contesti del privato sociale, dove abbiamo acquisito col tempo delle competenze che spesso esulano dal nostro ruolo , mai riconosciute a livello retributivo .
Oggi l’OSS rappresenta quel valore aggiunto di cui i presidi ospedalieri, i distretti socio sanitari, gli ambulatori, le Unità Operative, i Pronto Soccorso, le sale operatorie , gli stessi 118 non possono fare a meno; per non parlare delle RSA private o accreditate. Lungi di fatto dall’essere considerati professionisti, siamo visti alla stregua di ausiliari.
Eppure senza di noi mancherebbe un anello importante dell’organizzazione ospedaliera e territoriale.
Il COVID-19 ha colpito gli OSS al pari di infermieri, medici ed altri professionisti sanitari , spesso rimettendoci la vita; ma la nostra esistenza era quasi ignorata dalla stampa e dai cittadini. Il Covid ha messo in luce tutti i danni fatti con i tagli alle spese sanitarie regionali e nazionale , compresa la mancanza di operatori socio sanitari. Per colmare questo bisogno, si è studiato di tutto, sempre ricorrendo a soluzioni precarie, assumendo interinali e personale a tempo determinato per far fronte alle esigenze straordinarie e urgenti derivanti dalla nuova ondata di contagi. Tutto meno che fare la cosa più ovvia, assumere quel personale, ma a tempo indeterminato, per colmare il fabbisogno.
Noi crediamo sia arrivato il momento di una revisione profonda della nostra figura, sono tempi maturi per il passaggio degli operatori socio sanitari al ruolo socio sanitario in quanto non siamo dei semplici tecnici ma siamo gli attori principali dell’assistenza di base , assistenza che richiede inevitabilmente interventi sanitari in aiuto all’infermiere che di fatto gli OSS già in molti reparti svolgono ma che non ci sono riconosciute dal SSN.
Già nel dicembre 2017 con il DDL Lorenzin si istituiva la nuova area delle professioni socio sanitarie; nell’area professionale venivano ricompresi i preesistenti profili professionali di operatore socio sanitario insieme ad altre figure. In previsione del rinnovo dei contratti pubblici ci si attendeva il passaggio di categoria degli OSS che avrebbero abbandonato la categoria B Super (BS) per approdare alla categoria C (quella occupata dagli infermieri generici). Il contenuto del DDL toccava vari punti fra cui la revisione delle competenze e della formazione, delle ore e degli enti che la svolgono, il riconoscimento degli ECM; la specificazione di mansioni non sovrapponibili a quelle dell’infermiere, il passaggio da una formazione regionale e quindi territoriale a una formazione unificata nazionale e la conseguente costituzione di un elenco nazionale degli operatori (al quale sarebbe occorso essere iscritti per poter esercitare) , a garanzia degli stessi utenti. Insomma una valorizzazione generale della figura dell’OSS.
In pratica, col DDL Lorenzin non si faceva altro che inquadrare professionalmente una figura che di fatto è già di supporto pieno all’infermiere e lavora in équipe con le altre figure professionali, soprattutto all’interno degli Ospedali.
Il successivo DDL Boldrini esclude di fatto l’OSS da quanto previsto dalla legge Lorenzin, relegandolo al ruolo di “operatore d’interesse sanitario”, a fianco ad altre professioni diverse da quella che poneva la legge,
L’attuale Ministro della salute Speranza in proposito tace.
A confinarci in ambito tecnico ci pensa anche una sentenza del Tar, la quale stabilisce che L’OSS non può essere annoverata tra le professioni sanitarie.
Escludere l’OSS dall’area socio sanitaria comporta quindi ripercussioni anche contrattuali e a tale proposito ricordiamo che gli Operatori Socio Sanitari sono rimasti all’inquadramento contrattuale di ormai VENTI ANNI FA, senza parlare del fatto che molti di noi hanno nel frattempo acquisito il titolo di “OSS con formazione complementare” in area sanitaria, figura esistente in teoria ma mai riconosciuta dal SSN ; eppure nella Conferenza Stato-Regioni del 2003 che sanciva la nascita di un operatore con tale qualifica erano presenti anche le associazioni di categoria infermieristiche, che hanno riconosciuta e ammessa la formazione.
COSA VOGLIAMO, ALLORA?
- che venga dato seguito alla legge Lorenzin, tutt’ora in vigore ma mai applicata, e che l’OSS venga finalmente riconosciuto come sanitario iscritto all’area socio sanitaria, con relativo inquadramento nella categoria C, a partire dal prossimo rinnovo del CCNL comparto sanità – che ricordiamo è scaduto da tempo!
- che per acquisire il titolo di Operatore Socio sanitario e di OSS con Formazione complementare venga creato un percorso formativo pubblico, gratuito e uguale per tutte le Regioni, eliminando la spesa a carico di chi si vuole formare.
La formazione per migliorare le proprie condizioni lavorative è un diritto!
- che venga finalmente riconosciuto il profilo professionale dell’OSS con formazione complementare sia nelle strutture pubbliche che in quelle private. Un riconoscimento questo che si renderà sempre più necessario vista la carenza di personale qualificato necessario per far fronte alla richiesta crescente di personale di supporto per le vaccinazioni antiCovid, per le quali molte Asl richiedono l’aiuto del personale sanitario pensionato o volontario.
Quello che chiediamo è un riconoscimento professionale ma senza nulla togliere alla figura dell’infermiere , ovvero al titolare del percorso assistenziale, sempre più oberato di lavoro oltre che fisico anche burocratico , al quale va riconosciuto in contemporanea un adeguamento dello stipendio per il fondamentale ruolo di operatore spesso chiamato a “sostituire” quelle figure mediche che la Pubblica Amministrazione toglie dai reparti nei turni notturni , circoscrivendone il ricorso in situazioni di gravità, costringendo di fatto l’infermiere a prendere decisioni che esulano dal proprio ruolo.
Pertanto, la nostra battaglia in difesa dei diritti dei lavoratori oggetto delle nostre rivendicazioni è una battaglia che noi vorremmo comune a quella per il diritto degli infermieri a vedersi maggiormente riconosciuta la loro professione, vista la responsabilità che di fatto si assumono al di fuori delle loro competenze.
Noi crediamo che adesso sia arrivato il momento non di fare una “guerra fra poveri”, ma di unire gli sforzi e le energie per veder riconosciute le nostre categorie professionali non con i discorsi ma con i fatti.
SINDACATO GENERALE DI BASE – COMPARTO SANITA’