7 ore ci sono volute a cgil,cisl, uil e padronato per dare il sostanziale via libera allo sblocco dei licenziamenti che ora non sarà più un semplice atto del governo Draghi ma avrà la forma di un nuovo patto sociale.
La foglia di fico della nuova concertazione in tempi di crisi pandemica, consiste nell’avviso comune che recita “le parti sociali alla soluzione proposta dal governo sul superamento del blocco dei licenziamenti si impegnano a raccomandare l’utilizzo degli ammortizzatori sociali…”
Nessuna estensione del blocco dei licenziamenti che vada oltre “la filiera della moda” quindi;
nessun obbligo per le aziende di non avviare i licenziamenti ma una semplice raccomandazione che, associazioni padronali e sindacali, si impegnano a fare per l’utilizzo degli ammortizzatori sociali.
Ce le vediamo già le centinaia di migliaia di lettere prestampate, con le firme dei raccomandatori, che invitano le aziende ad utilizzare la cassa integrazione pagata con i soldi dei contribuenti o i “contratti di espansione” con relativo taglio dell’assegno di pensione.
Ce lo vediamo già il padrone di turno che, dopo avere magari pianto in diretta tv perché non riesce a trovare giovani disposti a lavorare 12 ore per 40 euro al giorno, prende la lettera, la incornicia e la appende dietro alla scrivania o sopra il camino proprio come si fa con un trofeo di caccia.
Ce li vediamo già i raccomandatori che di fronte ai licenziamenti della Whirlpool o di una qualsiasi altra fabbrica, urlano ai megafoni “li abbiamo obbligati a decidere di impegnarsi a raccomandare! Oggi andate tutti in cassa integrazione!”. Il termine più appropriato e gentile che ci sovviene è: BUFFONI!
La tragicità e la pesantezza di ciò che sottende questo nuovo patto sociale sono ben rappresentate da due fatti che possono sembrare marginali ma non lo sono.
Il primo è che mentre lorsignori trattavano questa grande risoluzione, sotto le finestre del ministero, alcune centinaia di lavoratori organizzati con il sicobas, protestavano arrampicandosi sulle impalcature intorno al palazzo perché il ministro che li aveva convocati per affrontare la questione dei 280 licenziamenti causati dalla chiusura unilaterale del magazzino TNT di Piacenza, si rimangiava la parola perché troppo impegnato nel tavolo con i concertatori. Una questione di priorità!
Il secondo è l’utilizzo delle manifestazioni dei lavoratori che ne fanno i sindacati concertativi, riassunto dalle dichiarazioni uso stampa del segretario della cgil a conclusione dell’incontro “E’ un risultato che risponde alla mobilitazione che c’è stata sabato…”. Beh, sabato dai tre palchi avrebbero potuto urlare “li costringeremo ad impegnarsi a raccomandare!…” e siamo sicuri che avrebbero avuto un successo enorme. Peccato, sarà per la prossima volta.
Fuor di metafora, questi due fatti svelano, ce ne fosse ancora bisogno, la base sulla quale stanno costruendo questo nuovo patto sociale, ossia la totale subordinazione degli interessi dei lavoratori a quelli del padronato e contestualmente rendono urgente la mobilitazione per contrastarlo.
Per questo siamo oggi, ancora più che ieri, convinti che bisogna rafforzare la mobilitazione dei lavoratori che sta mettendo al centro parole d’ordine quali: lavorare meno e lavorare tutti a parità di salario, a uguale lavoro uguale salario, abolizione dei decreti sicurezza, avvio dei processi di reinternalizzazione degli appalti, responsabilità totale del committenti, legge sul salario minimo con cifre dignitose, diritti sindacali per tutte le organizzazioni sindacali presenti nei posti di lavoro.
Per questo è ancora più importante la decisione presa ieri da molte organizzazioni sindacali di base e conflittuali, fra le quali SGB, di avviare un percorso di mobilitazione comune che sfoci nello sciopero generale unitario in autunno.
Bologna 30/06/2021