LE CONVOCAZIONI DEI PRECARI DELLA SCUOLA (SPESSO ANDATE DESERTE) IN DIVERSE REGIONI DEL NORD E I MOLTI RIFIUTI ALL’ACCETTAZIONE DELLE SUPPLENZE BREVI HANNO COSTRETTO IL LEGISLATORE A MODIFICARE LA NORMA SUGLI ORGANICI “ANTI COVID”
Il legislatore ed il Ministero dell’Istruzione, nella loro persistente opera di precarizzazione estrema dei lavoratori della scuola avevano introdotto per l’a. s. 2021/22 l’organico “anti Covid” : una nuova figura di supplente “usa e getta” (docente e ATA) da licenziare immediatamente nel caso di chiusura degli istituti. In queste ultime settimane infatti i dirigenti scolastici hanno fatto firmare a migliaia di persone contratti di lavoro, a tempo determinato, recanti questa clausola risolutiva espressa. L’O.M. n. 83 del 5 agosto del 2020 “Ordinanza concernente le misure per la ripresa dell’attività didattica in presenza nell’anno scolastico 2020/2021 nel rispetto delle misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19” aveva ribadito (art. 3 comma 2) un principio già sancito dal Decreto 34/2020 secondo cui “in caso di sospensione delle attività didattiche in presenza, i contratti di lavoro attivati si intendono risolti per giusta causa, senza diritto ad alcun indennizzo”. Chiariamo che “senza diritto ad alcun indennizzo” non significa a nostro avviso senza il diritto a percepire la NASPI che dovrebbe continuare a spettare a tutti i lavoratori precari in base ai requisiti previsti dall’apposita normativa. La dicitura “senza diritto ad alcun indennizzo”sarebbe da intendersi, a nostro avviso, senza alcuna forma risarcitoria prevista nei casi di licenziamento senza giusta causa. La scorsa settimana è stato approvato (durante l’iter di conversione in legge del Decreto di Agosto) un importante emendamento in Senato al DL 34 secondo il quale “in caso di sospensione delle attività didattiche in presenza a seguito dell’emergenza epidemiologica il personale di cui al periodo precedente (ndr organico “anti covid”) assicura le prestazioni con le modalità del lavoro agile.” In altre parole: se la scuola chiude il personale “anti covid” lavorerà da casa e non sarà più licenziato. Non essendo ancora definitivamente approvata la legge rimangono al momento i contratti con la clausola risolutiva espressa. La legge, una volta approvata, dovrebbe comportare la decadenza di tutti i contratti che dovranno essere stipulati nuovamente e senza tale clausola. Successivamente, il Ministero dell’Istruzione dovrebbe chiarire ai capi d’istituto che nemmeno i collaboratori scolastici possono essere licenziati nel caso di chiusura della scuola. A differenza di molti sindacati che stanno gridando vittoria senza aver mai mosso un dito contro questi contratti, noi di SGB (da sempre in prima linea con i precari) siamo convinti che tale modifica della normativa sia dovuta principalmente all’enorme difficoltà dell’apparato ministeriale (in questo caso direttamente le scuole) a reclutare dei lavoratori senza essere in grado di fornire loro alcuna garanzia di continuità lavorativa ed alcuna certezza dei diritti. La difficoltà nel reclutamento dei supplenti oramai è evidente a tutti i livelli e non solo per le nomine “anti covid”. Nelle principali regioni del Nord Italia, già in sede di conferimento di nomine (da GPS e da GI) dei docenti si sono registrate enormi defezioni in aggiunta ai noti disagi indotti dalle stesse nuove graduatorie. Nella sola Emilia Romagna per nominare 12.700 insegnanti sono stati convocati oltre 82.000 aspiranti poiché circa 69.300 (85%) hanno rifiutato la proposta. Sia il direttore generale dell’Ufficio Scolastico regionale Versari sia il governatore della regione Bonaccini hanno individuato (non si è capito bene in base a quali dati) nel “reddito di cittadinanza” la causa principale di tale difficoltà. Nessun soggetto istituzionale vuole prendere atto del fatto che molte persone siano spesso costrette a preferire la disoccupazione alle attuali condizioni di lavoro offerte dalla scuola soprattutto per chi deve cambiare regione di lavoro e di residenza. La proposta del governatore Bonaccini è quella di eliminare il reddito di cittadinanza (strumento già molto modesto per contrastare la povertà) per rendere ancora più ricattabile e sfruttabile la forza lavoro affinché tutti i disoccupati siano costretti ad accettare il lavoro a qualsiasi condizione. La nostra proposta invece è che le regioni ed il governo dovrebbero incrementare il welfare, il salario indiretto (a partire dalle politiche per la casa) per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori che fanno fatica ad arrivare a fine mese.
LA MODIFICA DELLA NORMA DEI CONTRATTI “ANTI COVID” DEVE ESSERE L’OCCASIONE PER RILANCIARE LA QUESTIONE SALARIALE, PER ELIMINARE IL DIVIETO DI LAVORO AGILE (IN CASO DI EMERGENZA) PER I COLLABORATORI SCOLASTICI E PER RIBADIRE LA NECESSITÀ DELLA STABILIZZAZIONE DI TUTTI I LAVORATORI PRECARI DELLA SCUOLA!