Alluvioni in Emilia-Romagna – PROTEZIONE (IN)CIVILE

monitorare quando gli eventi già minacciano il territorio e concentrarsi sulle pre-allerte è ovvio non possa essere considerato prevenzione. Per fare vera prevenzione bisogna avere il personale tecnico, che invece manca perché è stata sbagliata l’analisi dei fabbisogni e le recenti assunzioni non coprono il turnover … e bisogna utilizzare i fondi a disposizione, non restituirli

ma contro ogni buon senso, la soluzione messa in campo dalla RER è eliminare la specificità delle proprie figure professionali …

Non siamo intervenuti pubblicamente a botta calda sul disastro (idrogeologico) che ha colpito la nostra regione per evitare ogni possibile strumentalizzazione e anche per capire che tipo di riflessione si fosse aperta in RER, che ricordiamo è l’istituzione che ha le competenze in materia di sorveglianza e prevenzione ambientale e di difesa del suolo. 

Ma ad oggi, dopo il disastro del 2/3 maggio scorso e la confermaper i prossimi giorni dell’allerta per piene dei fiumi e per frane, e nonostante diversi tecnici esperti ed autorevoli abbiano evidenziato che il problema è causato prima di tutto dalla mancanza di una adeguata prevenzione, dalle fila della giunta regionale non è arrivata nessuna assunzione di responsabilità e nessuna riflessione che andasse oltre il fato. A nostro avviso, invece, le responsabilità della situazione creatasi sono evidenti.

La miopia dell’organizzazione regionale ha portato a circoscrivere la prevenzione nella sua sostanza alla sola preallerta invece che nel consolidamento di costante,specialistica e mirata sorveglianza idraulica, tant’è che il profilo professionale dei sorveglianti idraulici è stato abbandonato nel tempo fino a decretarne la scomparsa proprio nelle settimane scorse.

Non solo. Si sono depauperate le strutture tecniche interne, che soffrono di una importante carenza di personale, tecnico e amministrativo. Un impoverimento che ha determinato l’incapacità di utilizzo dei fondi disponibili per la prevenzione, la manutenzione e gli interventi strutturali. Un impoverimento che ha influito negativamente sulla gestione del territorio e del demanio, sul controllo della pianificazione, sugli interventi di soggetti pubblici e privati: in sintesi, sulla gestione del territorio a scala di bacino che è la finalità della difesa del suolo. 

Il risultato è che una quantità anomala di pioggia deborda dagli argini e poi anche li rompe, provocando il disastro che abbiamo visto in questi giorni: se non si fa manutenzione, il secchio non è sano e così si rompe riversando non solo l’acqua che non riesce a contenere ma tutto il suo contenuto. Si tratta di un concetto semplice ma che sembra non essere stato preso in considerazione da chi di dovere.

Tutto questo, quindi, perché mancano risorse umane e/o economiche o perché non si è ben gestito quanto si ha a disposizione? La risposta la troviamo in ciò che abbiamo appreso in questi giorni dalla stampa, ossia che “la giunta regionale ha restituito al Ministero delle infrastrutture ben 55,2 milioni su 71,9 di finanziamento per la manutenzione dei corsi d’acqua in quanto secondo la Corte dei Conti non è riuscita a spenderli nei tempi previsti”

Se a questo aggiungiamo le recenti e non irrisorie spese per le nuove divise per la Protezione Civile, utili solo per le occasioni di rappresentanza, il cerchio si chiude con uno schiaffo anche ai lavoratori che insieme a noi chiedono inascoltati da anni una revisione organizzativa efficace, che parta dall’esperienza maturata sul campo.

A fronte di tutto ciò il silenzio della Giunta e della dirigenza regionali non è accettabile

Attendiamo risposte, assunzione di responsabilità e l’avvio di un confronto non più all’insegna del risparmio.

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