Spesa per l’istruzione.  Bisogna recuperare lo “scippo” consumato a danno della scuola.

L’aumento delle spese miliari, entra a gamba tesa nelle nostre fondamenta scolastiche. Nel Def, la spesa per l’istruzione negli anni 2022-2025 scende dal 4 al 3,5% del Pil.  Un dato che risulta grave, se confrontato col fatto che, contemporaneamente, si programmano investimenti di guerra per 15 miliardi di euro in più fino al 2026. Da un conteggio al “femminile” come si usava dire una volta,  sono esattamente 7 miliardi di euro in meno per il quadriennio all’istruzione. Se a questo aggiungiamo il programma di riduzione  degli stipendi fino al 2025,si materializza una vera e propria presa per i fondelli, per una categoria di lavoratrici e lavoratori che già tocca con mano una disparità  rispetto ai colleghi europei e agli altri lavoratori pubblici a parità di titolo di studio. Con salari già depressi, diventa un incubo recuperare potere d’acquisto di fronte all’inflazione sempre più elevata. Il Ministro Patrizio Bianchi non si preoccupa di tutto questo, ha ben altri “slogan” di cui occuparsi. Vuole passare alla storia per la sua riforma riguardante il reclutamento degli insegnanti. Un decreto che  non risolve l’annoso problema del precariato e costringe i vincitori di concorso a una condizione paradossale: sino all’entrata in vigore fissata per il primo gennaio 2025 non potranno entrare in ruolo ma, in attesa di conseguire i 30 CFU, resteranno part-timeAltro problemairrisolto, riguarda il mancato superamentodel precariato degli Ata con la mancata copertura dei posti liberi e la mancata integrazione in organico di diritto dei posti previsti di fatto. Altro problemairrisolto, quello degli assistenti amministrativi facente funzione di Dsga. La loro stabilizzazione è lontana. Altro problemairrisolto riguarda il  rafforzamento degli organici, la riduzione degli alunni per classe e la copertura di tutti i posti liberi. Bisogna recuperare lo “scippo” consumato a danno della scuola. Lo studio, il sapere, la cultura, la scuola sono un investimento per il futuro, non certo l’aumento delle spese militari.

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