PER EMERGENZA LAVORO e ASSUNZIONI INVESTIMENTI e SERVIZI PUBBLICI

CONTRATTO NAZIONALE e STIPENDI VERI
NO a VALUTAZIONE e DISCREZIONALITA’
– ORARIO + SALARIO
DEMOCRAZIA SINDACALE

Non ce n’era davvero bisogno, ma la pandemia in atto ha portato a galla gli effetti di decenni di politiche di tagli, chiusure, privatizzazioni, esternalizzazioni e zero assunzioni, che si sono abbattuti sui servizi pubblici ed il nostro stesso modello sociale, tutte assecondate ed accompagnate sindacalmente: un sistema sociale pubblico ormai a rischio esaurimento, in macerie, mentre il sistema privato ma pieno di soldi pubblici si è tranquillamente girato dall’altra parte.

Emergenza servizi ed occupazionale

Un sistema pubblico con il personale con l’età media più alta d’Europa e con servizi, carichi e responsabilità a cui non riesce più a far fronte in queste condizioni, con Brunetta che, prima di invitare a cena casa sua i segretari di cgil cisl e uil e firmare con loro l’ennesimo patto di non belligeranza, si pregia, beato lui, di aver dato il via alla fuoriuscita di un milione di dipendenti pubblici in questi anni.

Il piano presentato dal solito Brunetta, alla base del patto di non belligeranza con cgil cisl uil, continua a parlare di “favorire… fornitori di interesse collettivo, anche uscendo dai confini del perimetro pubblico”. Ancora.

Occupati nelle amministrazioni pubbliche: Europa 2018
Francia5.641
Germania4.803
Italia3.343
Regno Unito5.177
Spagna3.151

Valori in migliaia. Fonte rapporto Ministero Economia

Lo diciamo da tempo: è ormai invece priorità pretendere un grande piano occupazionale di massa e di investimenti per il pubblico impiego ed i servizi pubblici, centinaia di migliaia di nuove assunzioni che ridiano vita, presente e futuro e ricostituiscano lo stato sociale ed i servizi per tutti i cittadini, risposta necessaria anche alla voragine occupazionale in atto e condizione per far ripartire il Paese dopo anni di politiche di precarizzazione, privatizzazione e smantellamenti.

Il prepensionamento di altre centinaia di migliaia di dipendenti pubblici, al momento solo annunciato e che costituirebbe misura assolutamente parziale per il diritto alla pensione e per un sistema Fornero da cancellare, andrebbe ad accelerare ulteriormente la necessità di investimenti ed assunzioni di massa per servizi ed uffici in crisi e sempre più vuoti ed a rischio chiusura. Che dobbiamo rilanciare.

Stabilizzare enormi sacche di precariato, come anche riportare alla gestione diretta pubblica i servizi esternalizzati ed i suoi operatori, mettendo la parola fine ad una politica di esternalizzazioni ed appalti fallimentare, utile solo a trasformare soldi pubblici in profitti per qualcuno, servizi al lumicino ed una grande massa di sfruttamento dei lavoratori.

Questa l’emergenza e la priorità, sulla quale è ormai in gioco l’esistenza stessa di un pubblico impiego e del nostro stesso modello sociale.

Salari europei. Viva il CCNL e via la valutazione

Negli ultimi 12 anni un solo rinnovo contrattuale, con aumenti ridicoli che nei fatti hanno portato più o meno 30 euro nelle tasche di una gran massa di lavoratori pubblici. 

Una politica di blocco contrattuale, anche questa avviata da Brunetta e nei fatti assecondata da cgil cisl uil & c., che ha usato i lavoratori come bancomat, portando loro via una gran massa salariale e mettendo in crisi livelli retributivi non solo sempre più lontani dagli standard europei, ma ormai sempre più insufficienti alle necessità quotidiane e ad arrivare a fine mese. 

Una condizione salariale critica e generale, a cominciare dai livelli di inquadramento e retributivi più bassi, ormai in piena emergenza. 

In questa situazione, il patto Brunetta cgil cisl uil parla di aumenti pari a 107 euro lordi medi, rilanciando invece come metodo ancora una volta il sistema di valutazione ed il salario accessorio, con la sua frammentazione, insicurezza e discrezionalità. 

Nella tabella sopra, per esempio, il confronto tra i salari medi di un dipendente pubblico in Europa, nel caso riferito ad un docente di scuola media.

Il dato è chiaro: un insegnante con 15 anni di carriera, in Germania guadagna 63.857 euro, in Italia 30.340.

Non solo la cifra prospettata di 107 euro (lordi medi) di aumento è ancora una volta lontanissima dal pensare di recuperare anche minimamente il potere salariale perso in oltre un decennio di vuoto, come anche dal dare risposte reali e concrete a stipendi sempre più problematici, riducendosi nel concreto ad una banconota da 50 euro per moltissimi lavoratori, ma si insiste in generale in quella politica fallimentare della valutazione che in questi anni ha messo in crisi i lavoratori rendendo il loro salario insufficiente, discrezionale, ridotto, insicuro nella quantità, nella modalità e nei tempi di erogazione.

Crediamo invece che dobbiamo ridare centralità a valore al Contratto nazionale di lavoro e cancellare il sistema della valutazione

Spostare ogni risorsa sul Contratto nazionale, l’unico sistema che possa garantire ciò di cui i lavoratori hanno più bisogno: innanzi tutto un trattamento salariale adeguato, certo nei tempi e su cui poter contare.

Ridare spessore e potere agli stipendi, a cominciare da quelli più bassi, per ridare condizione ai lavoratori, riprendere quanto scippato in questi lunghissimi anni di mancati aumenti e vuoto contrattuale e come condizione necessaria per fare ripartire consumi ed economia nel Paese.

INQUADRAMENTO PROFESSIONALELa ridefinizione, in atto, del sistema di classificazione ed inquadramento dei lavoratori nelle aree e nei profili professionali deve tenere conto di come una gran massa di personale sia ancora sotto inquadrato in aree formalmente a basso contenuto, anche economico, senza senso, lontane e diverse nei fatti dalle attività e responsabilità reali a cui è chiamato e che garantiscono il corretto funzionamento dei servizi e della pubblica amministrazione, e che ora bisogna riconoscere. Questo, finalmente, deve essere il momento.

La corsa sfrenata ad una maggiore produttività, l’informatizzazione e la meccanizzazione sempre più spinta dei sistemi produttivi, in tutto il mondo del lavoro, o si trasforma in benessere nei tempi e nelle condizioni di vita di ciascuno oppure, come sta avvenendo, produce una sempre maggiore riduzione del fabbisogno lavorativo e l’espulsione dal diritto al lavoro, una dilagante disoccupazione di massa ed una strage sociale alla quale bisogna trovare soluzione.

E’ necessario pretendere, in tutto il mondo del lavoro e quindi anche nel Pubblico Impiego, come storicamente già successo in questi processi, la diminuzione delle ore di lavoro a parità di salario, unica risposta possibile e obbligata non solo per avere il giusto beneficio diffuso che ripaghi della maggiore produttività acquisita, ma senza la quale ci dovremmo rassegnare ad uno stato di disoccupazione e ad un abbassamento delle condizioni generali di tutti.

PREVIDENZA COMPLEMENTARE? NO GRAZIE. Giù le mani dal TFR e via la Fornero.

Il Patto firmato a Palazzo Chigi lo scorso 10.3.2021 proietta le sue ombre anche sul nostro TFR, alleandosi per rilanciare ancora una volta i fondi pensionistici gestiti da cgil cisl uil.

Invece di pensare a cancellare la Fornero, a ridare dignità alle pensioni ed al sistema pubblico, continuano l’opera di smantellamento e la politica di privatizzazione, mettendo nel mirino proprio il TFR dei lavoratori, massa salariale di miliardi di euro che invece cgil cisl uil (& c) vorrebbero scippare, gestire ed a loro disposizione per finanziare i propri fondi pensionistici. NO

Ancora, possibile che i lavoratori pubblici, oltre a dover aspettare anche 2 anni per avere il TFR dopo la pensione, siano ancora gli unici a non poterne richiedere l’anticipo. E’ un caso?

LAVORO AGILE

Sgb ha avuto modo di fornire strumenti per tutelare i lavoratori sottoposti, in epoca di pandemia, ad una sorta di lavoro da remoto obbligatorio assicurato dai dipendenti con propri mezzi tecnologici e con una improvvisa e improvvisata digitalizzazione forzosa.

Anche su questi aspetti il Patto del 10.3.2021 dedica poco o nulla, lasciando tutto alla futura contrattazione.

Da parte nostra ci sentiamo nella necessità di ribadire che il lavoro agile potrebbe essere una opportunità, ma – fatalmente – rischia di trasformarsi in un tentativo di sradicamento del lavoratore dai legami con il suo gruppo sociale di riferimento. 

Per questo riteniamo che debba costituirsi, post pandemia, solo su base volontaria e con una precisa e consistente contrattazione di livello nazionale e che si traduca a livello locale con un ulteriore passaggio negoziale, lavoratore per lavoratore. 

Devono essere assicurati i costi attualmente a carico dei lavoratori, ma anche il diritto al buono pasto come accade per il lavoro in presenza: da un anno a questa parte, solo la mancata erogazione dei buoni è costata ai lavoratori ben più dei 107 euro (lordi medi) di aumento contrattuale di cui parlano Brunetta cgil cisl uil…

DEMOCRAZIA SINDACALE

I contenuti del Patto, al di là delle questioni specifiche che prevede di regolare rimandano a un nuovo modello di relazioni sindacali che si è spacciata come nuova concertazione, ma che di fatto lascia presagire una sorta di cogestione.

A nostro parere non si tratta né dell’una, né dell’altra. Infatti, nelle premesse del Patto si parla più propriamente di confronto (lo si specifica ben 6 volte). Questo significa che, tranne quei casi in cui assisteremo a fenomeni di cogestione (sulla base del modello sindacale tedesco) nessun negoziato effettivo si svilupperà sui temi previsti nel Patto, ma solo una preliminare informazione alle parti sociali e la successiva decisione e disposizione da parte del datore di lavoro pubblico.

Questo scivolamento verso il basso delle relazioni sindacali (abdicata in cambio di vile denaro: CAAF, Formazione, Organismi Bilaterali, welfare contrattuale, Fondi Pensione, etc.) non è solo un danno per le organizzazioni sindacali conflittuali, ma colpisce il cuore dell’intera classe lavoratrice che si trova ormai privata di ogni rappresentanza, sia essa politica, che sindacale.

Per questo occorre impegnarsi tutti per generare una decisa inversione di marcia. Non solo in occasione delle RSU (che comunque, anche laddove si sono conquistati i diritti di rappresentanza hanno lasciato completamente nelle mani di cgil, cisl e uil il monopolio delle relazioni sindacali), ma colpendo quelle organizzazioni nei loro interessi economici: non solo quelli derivanti dalle iscrizioni, ma boicottando tutta la filiera economica che quelle organizzazioni di affari hanno messo in piedi.

Proviamoci. Insieme

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