Nel 1968 nel nostro Paese, cominciarono ad esplodere forti tensioni sociali e conflitti nel mondo del lavoro. Alla fine di novembre di quell’anno, ad Avola 3.000 braccianti scesero in piazza a scioperare contro gli agrari, per il rinnovo del contratto di lavoro. Il 2 dicembre si verificò l’eccidio di Avola: durante una manifestazione le forze dell’ordine aprirono il fuoco contro un blocco stradale. Due braccianti, vennero uccisi, altri 48 civili furono feriti dai colpi esplosi dalle forze dell’ordine. Quattro mesi dopo, l’8 aprile 1969, a Battipaglia la popolazione scese in piazza per chiedere posti di lavoro, formando barricate e scontrandosi con la polizia che eseguì alcuni fermi. Il giorno dopo una folla enorme, al grido di “Difendiamo il nostro pane!” e “Basta con le promesse!”, si mosse verso la stazione ferroviaria per fermare il traffico dei treni; le forze di polizia cercarono di fermarla con lacrimogeni e idranti, ai quali i manifestanti risposero lanciando sassi. Impossibilitati a contenere la folla, poliziotti e carabinieri presidiarono gli impianti di controllo della stazione, mentre la massa invadeva i binari. Quando poi la folla circondò il Commissariato chiedendo il rilascio dei fermati del giorno prima, il centinaio di poliziotti e carabinieri all’interno iniziarono a sparare sulle persone in strada, uccidendo una giovane insegnante ed un giovane operaio e ferendo e colpendo con i proiettili un centinaio di persone.
Nel 1969 ci fu l’esplosione degli scioperi degli operai in fabbrica che vide in piazza anche il movimento degli studenti che contestavano i contenuti arretrati e parziali dell’istruzione, e rivendicavano l’estensione del diritto allo studio anche ai giovani di condizione economica disagiata. Dalla contestazione studentesca che fu inizialmente sottovalutata dai politici e dalla stampa, si era passati repentinamente alle rivendicazioni operaie. La contestazione era il risultato di un malessere sociale profondo, accumulato negli anni 60, dovuto al fatto che il miracolo economico non era stato accompagnato – né a livello governativo, né a livello imprenditoriale – da una visione lungimirante dei problemi che ne derivavano: dalle migrazioni interne all’inquinamento. Le tasse venivano pagate prevalentemente dai lavoratori dipendenti, e l’evasione era molto alta. Le agitazioni presero origine per il rinnovo di 32 contratti collettivi di lavoro chiedendo, tra l’altro, l’aumento dei salari uguale per tutti, la diminuzione dell’orario. Per la prima volta il mondo dei lavoratori e quello studentesco erano uniti fin dalle prime agitazioni su molte questioni del mondo del lavoro. I sindacati ufficiali furono scavalcati da comitati che esigevano salari uguali per tutti gli operai in base al principio che «tutti gli stomaci sono uguali», senza differenze di merito e di compenso, concependo il profitto come una truffa e la produttività un servaggio.
Alla fine, il 21 dicembre, con una mediazione, furono accolte quasi tutte le richieste dei sindacati e ritornò una calma apparente. Gli operai ottennero alcuni risultati: aumenti salariali, interventi nel sociale, pensioni, diminuzione delle ore lavorative, diritti di assemblea, consigli di fabbrica. E gettarono le basi dello Statuto dei Lavoratori (siglato poi nel 1970).
25 anni dopo,con referendum abrogativo, proposto da Partito Radicale, CGIL e PRI per arginare la crescita in quegli anni dei Comitati di Base, è stato modificato l’articolo 19, in merito alle rappresentanze sindacali. Con tale modifica le rappresentanze sindacali sono riservate ai sindacati firmatari di contratti nazionali e locali applicati nell’unità produttiva, e non più ai sindacati più rappresentativi in generale.
Oggi, chi paga questo sistema concertativo, sono i lavoratori. I sindacati padronali, per assicurarsi privilegi e concessioni, firmano qualsiasi proposta contrattuale. Basta vedere i contratti dei metalmeccanici, quello della scuola, della sanità, e tanti altri. Nel nostro Paese, è in atto un conflitto di interessi di proporzioni colossali; Stato, padroni e sindacati padronali fanno di tutto per impedire una esplosione del dissenso sociale. Il mondo del lavoro ha bisogno più che mai di costruire un sindacato di classe e di massa.
SGB c’è.