Per il secondo anno consecutivo il 1° maggio, festa delle lavoratrici e dei lavoratori, sarà celebrato con una guerra alle porte
dell’Europa che in Ucraina sta mietendo migliaia di vittime e non lascia intravedere nessuno spiraglio di pace, soprattutto a causa delle mire imperialiste ed espansionistiche della NATO che sbattono la porta in faccia
a ogni tentativo di negoziato.
È una guerra che ha scatenato e continua a scatenare una nuova rincorsa al riarmo investendo miliardi di soldi pubblici e allo stesso tempo continua ad alimentare un’economia globale di guerra che colpisce duro la classe lavoratrice e i pensionati sotto forma di carovita, caro bollette, caro energia, senza dimenticare i costi sociali della privatizzazione e esternalizzazione diffusa
di servizi pubblici.
D’altra parte i salari restano fermi al palo a 30 anni fa rispetto a un andamento inflazionistico che prende sempre più vigore.
L’attuale governo Meloni, in piena continuità con il governo Draghi e tutti quelli precedenti, mentre sostiene e approva, accompagnato dalla gran parte dei partiti di opposizione, l’invio di armi in Ucraina, a sostegno di una guerra scellerata, di cui il sacrificio più grosso è degli ucraini, getta fumo negli occhi con il cuneo fiscale e il taglio delle tasse sul lavoro che, di fatto, avrà un effetto in busta paga provvisorio e assai modesto.
La realtà, invece, ci racconta cose ben diverse, in quanto l’attuale governo non solo non è riuscito a rallentare la crescita dell’inflazione e dei prezzi, generati dal profitto speculativo e dalle regole monetarie europee, ma ha anche già fatto capire a chiare lettere che “tutelerà la moderazione della crescita salariale per prevenire una pericolosa spirale salari-prezzi”, che non interverrà sull’adeguamento delle pensioni e che attuerà una chiusura totale all’introduzione del salario minimo.
Il tutto con buona pace dei sindacati complici che abbracciando l’ideologia dell’interesse comune superiore per la quale le crisi economiche e finanziarie non avrebbero colpevoli e la solidarietà capitale/lavoratori sarebbe l’unica strada da percorrere, hanno siglato i peggiori contratti bidone, concertando salari da fame soffocati dall’inflazione e impoverendo estese platee di lavoratrici e
lavoratori.
Una condizione di sudditanza, quella di cgil, cisl, uil anche recentemente palesata plasticamente nella cena a casa Brunetta, nell’andare a braccetto con l’esecutivo Draghi ed ora nello spalancare le porte congressuali alla Meloni proprio all’avvio della nuova stagione di attacchi ai salari e di erosione
dei diritti e alle tutele delle lavoratrici e dei lavoratori.
Il tutto è pienamente in sintonia con le condotte autoritarie e antidemocratiche che sempre più spesso i medesimi sindacati concertativi pongono in essere nei luoghi di lavoro arrogandosi il diritto di decidere, a seconda della convenienza del momento, chi e come può avere spazio per praticare l’attività sindacale, una sorta di fascismo sindacale che è alla base della pax sociale nel nostro Paese.
Il 1° maggio, nella sua ampia connotazione internazionale, è da sempre legato alle lotte e alle conquiste della classe lavoratrice del passato ma che guardano al futuro, come un patrimonio indissolubile attraverso cui rinnovare e sostenere altre necessarie lotte.
Il 1° maggio SGB riporterà nelle piazze le parole d’ordine e i contenuti delle nostre lotte, ridando nuovo slancio, al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori:
- per la pace e contro la guerra e la corsa agli
armamenti - per una nuova ripresa della scala mobile a
salvaguardia dei salari e delle pensioni - per un aumento congruo delle retribuzioni e
degli assegni pensionistici - per l’introduzione del salario minimo a
12€/ora, per il miglioramento delle
condizioni di lavoro e contro lo
sfruttamento e il precariatoper la tutela dei
diritti, della salute e della sicurezza nei
luoghi di lavoro. - per la riduzione dell’orario di lavoro a
parità di salario - a difesa dei servizi pubblici e contro la
campagna di esternalizzazioni e
privatizzazioni - contro il fascismo e per la libertà sindacale.